"E che m'importava se..."

“Io marciavo a cavallo con accanto la donna del mio cuore, degna dell’universale ammirazione… E che m’importava il non aver altre vesti che quelle che mi coprivano il corpo, e di servire una povera Repubblica che a nessuno poteva dare un soldo?
Io avevo una sciabola e una carabina, che portavo attraversata sul davanti della sella. La mia Anita era il mio tesoro, non meno fervida di me per la sacrosanta causa dei popoli e per un vita avventurosa. Essa si era figurate le battaglie come un trastullo, e i disagi della vita del campo come un passatempo; quindi, comunque andasse, l’avvenire ci sorrideva fortunato, e più selvaggi si presentavano gli spaziosi americani deserti, più dilettevoli e più belli ci pareano. Poi sembravami d'aver fatto il mio dovere nelle diverse e pericolose fazioni di guerra in cui m'ero trovato e d'aver meritato la stima dei bellicosi figli del Continente (Rio Grande).” (Giuseppe Garibaldi, “Memorie Autobiografiche”, Capitolo XXII, p. 65, Firenze, G. Barbèra, 1888).