Per una Torino capace di pensare il mondo

Juan Carlos De Martin

(apparso sul Corriere della sera Torino, p. 1 e 5, 28 maggio 2025, col titolo: “Discutere senza dogmi, così Torino è il futuro”)

Il periodo post-1991 si è chiuso e una nuova fase storica si sta aprendo. In quali condizioni affrontiamo – tutti, Torino inclusa – questa transizione?

La scomparsa dell’URSS e, a livello nazionale, il forte indebolimento dei lavoratori hanno prodotto, oltre al resto, un progressivo sfibrarsi della democrazia. A cosa serve, infatti, impegnarsi e lottare, o anche solo votare, se tanto “non ci sono alternative”? Se sono dei “piloti automatici” a decidere delle questioni veramente importanti e non la volontà popolare?

Strettamente connesso a questo sfibrarsi della democrazia è il generalizzato degrado culturale che ha caratterizzato questi ultimi decenni. Durante la Guerra Fredda, infatti, sia i conflitti interni, sia il confronto internazionale avevano mobilitato enormi energie intellettuali, non solo nelle Università, ma anche – e forse soprattutto – nei sindacati, nei centri studi, nei partiti, nelle grandi imprese, nelle fondazioni. Nel mondo post-1991, venuta meno questa necessità, i centri studi e le scuole di formazione sono state svuotate o chiuse, le Università soffocate dall’iper-specialismo e dalla burocrazia, la politica sempre più ridotta ad amministrazione.

Il mondo intanto continuava a cambiare – e non di rado in maniera straordinaria, basti pensare alla Cina – ma l’élite occidentale era distratta: perché, infatti, sforzarsi di comprendere il mondo se tanto la storia era finita e i vincitori eravamo noi?

Oggi l’ascesa di BRICS, Trump negli USA, la crisi della globalizzazione e la guerra in Ucraina stanno scuotendo l’élite europea, che però – probabilmente perché formatasi nei 30 anni precedenti – non sembra in grado di immaginare altro che una sorta di arrocco militarizzato dell’Europa.

In questa difficile congiuntura Torino potrebbe porsi un obiettivo limitato, ma ben preciso: diventare la principale città italiana, e una delle principali in Europa, che dove si ricomincia a pensare il mondo sul serio, senza dogmi, senza ortodossie. Una città curiosa, che instaura e coltiva canali di comunicazione in tutte le direzioni, con l’obiettivo di comprendere il mondo contemporaneo e di immaginarne le possibili traiettorie future.

Torino ha le risorse per farlo: oltre ai due Atenei, infatti, ospita due importanti fondazioni bancarie e molti centri, enti, associazioni e istituzioni, anche internazionali, ciascuno con una fitta rete di relazioni che potrebbero essere mobilitate con successo se Torino avviasse un progetto di alto profilo.

Questo progetto dovrebbe includere anche la creazione di un Istituto di Studi Avanzati (IAS) sul modello di quello fondato a Princeton nel 1930. Nel mondo ci sono più di cento IAS, di cui sei in Germania e quattro in Francia. Si tratta di istituzioni interdisciplinari che ogni anno accolgono studiosi da tutto il mondo. Aprire uno IAS a Torino sarebbe un modo efficace per far entrare la città in una rete internazionale molto influente.

Più in generale far di Torino una città capace di pensare il mondo avrebbe tre ricadute molto concrete.

Innanzitutto, a Torino si formerebbe una classe dirigente di alto profilo, pronta a servire nelle istituzioni, nelle imprese, nella politica, nei sindacati, nelle Università.

Torino, inoltre, potrebbe attrarre studenti qualificati da tutto il mondo, attratti non solo dalla piacevolezza e dai costi relativamente contenuti della città, ma anche e soprattutto da una tipologia di studi oggettivamente difficili da trovare altrove.

Infine, Torino diventerebbe la città naturale in cui tenere corsi di formazione continua rivolti a una platea potenzialmente mondiale, con ulteriori ricadute positive.

Stiamo entrando in una fase storica di cui si possono intravvedere alcuni lineamenti, ma che è ancora fortemente in divenire. Mai come in queste congiunture è indispensabile studiare, comunicare, discutere senza preclusioni: non farlo è come andare incontro al futuro bendati.

In questo contesto Torino potrebbe diventare gli occhi, le orecchie e il cervello d’Italia.