Una parabola italiana
Immaginiamo di stare parlando di un ragazzino pelle e ossa. Gracile. Denutrito. In qualsiasi paese rispettoso della logica, prima di discutere di quanto in fretta il ragazzino corre i 400 metri piani, o di quanto bene suona il violoncello, o di come se la cava con le traduzioni da Euripide, tutti si preoccuperebbero della sua gracilità, della sua malnutrizione. Direbbero: "diamogli da mangiare, curiamo la sua dieta, diamogli ricostituenti, e poi, solo poi potremo iniziare a parlare del resto."
Logico, no?
Logico - ma in Italia non funziona così.
In Italia plotoni di opinionisti, consulenti, funzionari e politici discettano imperterriti delle prestazioni del ragazzino debilitato come se nulla fosse, come se fosse un ragazzone pieno di muscoli. E se l'ingenuo della situazione fa timidamente notare che il ragazzino è pelle e ossa, gli rispondono con un sospiro infastidito: "Vabbè, ma a parte quello...". Oppure: "E' vero, lo riconosciamo, mangia solo un tozzo di pane al giorno; ma lo mangia in maniera inefficiente, sprecando un sacco di briciole. Che pensi a mangiare in maniera più efficiente le risorse esistenti e poi, solo poi si potrà discutere - austerità permettendo - di passare a 1.1 tozzi di pane al giorno...".
Ma c'è dell'altro.
In Italia il ragazzino debilitato, per qualche prodigioso motivo, riesce comunque a correre i 400 metri piani arrivando appena dietro ai ragazzoni pieni di muscoli francesi e tedeschi.... Ciò gli procura forse medaglie, prime pagine sui giornali, apprezzamenti e magari anche una mela, oltre al tozzo di pane? Ma neanche per idea. Gli si rinfaccia che è arrivato mezzo secondo dietro ai primi. Gli si rinfaccia che nella sua catapecchia non riesce ad attrarre abbastanza ragazzoni dalla Finlandia o dall'Olanda, guarda caso scarsamente interessati a catapecchie e tozzi di pane. Gli si rinfaccia che non è abbastanza servizievole nei confronti dei ricconi che ogni tanto passano sul marciapiede davanti a lui: se lo fosse, magari ogni tanto gli tirerebbero una moneta. E così via.
Strano paese, l'Italia. Un paese che ha abolito la logica. Un paese dove l'ipocrisia e la malafede hanno davvero troppo spazio.
Scritto pensando soprattutto alla ricerca e all'università italiane. Di cui, sia chiaro, conosco benissimo i difetti e i limiti, che è un dovere combattere. Ma ciò non toglie che la parabola sia in larga parte valida, secondo me.
Logico - ma in Italia non funziona così.
In Italia plotoni di opinionisti, consulenti, funzionari e politici discettano imperterriti delle prestazioni del ragazzino debilitato come se nulla fosse, come se fosse un ragazzone pieno di muscoli. E se l'ingenuo della situazione fa timidamente notare che il ragazzino è pelle e ossa, gli rispondono con un sospiro infastidito: "Vabbè, ma a parte quello...". Oppure: "E' vero, lo riconosciamo, mangia solo un tozzo di pane al giorno; ma lo mangia in maniera inefficiente, sprecando un sacco di briciole. Che pensi a mangiare in maniera più efficiente le risorse esistenti e poi, solo poi si potrà discutere - austerità permettendo - di passare a 1.1 tozzi di pane al giorno...".
Ma c'è dell'altro.
In Italia il ragazzino debilitato, per qualche prodigioso motivo, riesce comunque a correre i 400 metri piani arrivando appena dietro ai ragazzoni pieni di muscoli francesi e tedeschi.... Ciò gli procura forse medaglie, prime pagine sui giornali, apprezzamenti e magari anche una mela, oltre al tozzo di pane? Ma neanche per idea. Gli si rinfaccia che è arrivato mezzo secondo dietro ai primi. Gli si rinfaccia che nella sua catapecchia non riesce ad attrarre abbastanza ragazzoni dalla Finlandia o dall'Olanda, guarda caso scarsamente interessati a catapecchie e tozzi di pane. Gli si rinfaccia che non è abbastanza servizievole nei confronti dei ricconi che ogni tanto passano sul marciapiede davanti a lui: se lo fosse, magari ogni tanto gli tirerebbero una moneta. E così via.
Strano paese, l'Italia. Un paese che ha abolito la logica. Un paese dove l'ipocrisia e la malafede hanno davvero troppo spazio.
Scritto pensando soprattutto alla ricerca e all'università italiane. Di cui, sia chiaro, conosco benissimo i difetti e i limiti, che è un dovere combattere. Ma ciò non toglie che la parabola sia in larga parte valida, secondo me.