La necessità di capire tempi difficili

Articolo originariamente apparso su "Corriere Torino" del 5 giugno 2021 (pp. 1 e 5).

Cercare di capire un avvenimento storico complesso mentre quest’ultimo è ancora in corso è un’impresa tanto folle quanto necessaria. Folle perché una comprensione ben fondata si inizia a solidificare solo a distanza di anni, se non di decenni; la ricerca – medica, storica, economica, sociologica, ecc. – ha i suoi tempi, infatti, che non possono essere forzati. Allo stesso tempo, però, cercare di capire un uragano ad uragano ancora in corso è impresa necessaria: sia i singoli, sia le collettività, infatti, hanno un enorme bisogno di capire e di orientarsi: che cosa sta succedendo? Quanto durerà? Che cosa dobbiamo fare nell’immediato? Come proteggere i più deboli? Quali lezioni trarre per il futuro? Anche se si è consapevoli che molti aspetti del fenomeno sono ancora sconosciuti, è inevitabile provare ad articolare qualche prima risposta.

Nel caso di una pandemia, come COVID-19, tutto questo è vero al massimo grado. Rispetto ad altre emergenze, infatti, come per esempio terremoti o uragani, le pandemie sono fenomeni che oltre ad essere temporalmente molto più dilatati (si misurano in anni, come stiamo purtroppo imparando), sono anche decisamente più complessi, un intreccio di elementi naturali, sociali, politici, psicologici, tecnologici, economici e persino culturali. Un po’ folle sperare di orientarsi in tempo reale, ma allo stesso tempo anche assolutamente necessario. E’ quello che ha provato a fare il Politecnico con l’iniziativa “Tempi difficili”, una serie di undici incontri che ha debuttato il 13 marzo scorso e che si conclude oggi alle 16 con un dibattito, coordinato da Luca De Biase, che coinvolgerà il Ministro Enrico Giovannini, l’economista Elena Granaglia e il coordinatore del Forum Diseguaglianze e Diversità Fabrizio Barca.

Con “Tempi difficili” il Politecnico ha offerto in primis ai suoi studenti e poi a tutti gli interessati l’occasione per concentrarsi – al di là del clamore della quotidianità – su quello che stiamo vivendo. E l’ha fatto chiamando non solo alcuni tra i massimi esperti di pandemie e vaccini come Paolo Vineis e Rino Rappuoli, ma anche una giornalista come Anna Masera, che ha ricostruito il primo anno di pandemia, un esperto di geopolitica e di complessità come Pier Luigi Fagan che ci ha fatto capire in quale congiuntura storica e sociale sia esplosa la COVID-19, uno storico delle pandemie come Guido Alfani, una grande esperta di sanità pubblica come Nerina Dirindin, uno studioso di digitale e società come il sottoscritto che ha provato ad analizzare la grande migrazione online provocata dal coronavirus, un noto economista come Cristiano Antonelli che ha analizzato lo stato dell’economia dopo un anno di crisi e un filosofo come Enrico Donaggio, che ha aiutato a mettere a fuoco i concetti più adatti per pensare alla pandemia.

Un percorso interdisciplinare, arricchito da suggerimenti per ulteriori approfondimenti e liberamente fruibile online, che ha riscosso un notevole successo anche al di fuori della comunità accademica del Politecnico: sono, infatti, già più di ventiquattromila gli spettatori, in diretta o in differita, di “Tempi difficili”. La conferma che, nonostante la follia dell’impresa, era comunque opportuno, anzi, necessario, provare a dare un senso ai nostri pensieri, ai nostri sacrifici, alle nostre azioni. Naturalmente molto resta ancora da approfondire e da capire, e da questo punto di vista potrebbe davvero valer la pena, magari unendo le forze coi colleghi dell’Università di Torino, organizzare “Tempi difficili 2”, ma intanto il Politecnico – sentendo una responsabilità civile oltre che educativa – ha provato a dare un primo contributo.


Articolo originariamente apparso su "Corriere Torino" del 5 giugno 2021 (pp. 1 e 5).