E' chiara la differenza?

Molte persone sembrano non capire un punto fondamentale: il digitale può essere dispiegato per liberare o per imprigionare, per favorire l'uguaglianza o per avversarla, per favorire gli interessi di certi o quelli di altri, per rafforzare la democrazia o per contribuire a svuotarla e così via. La discussione fondamentale quindi non è quella (sterile) pro/contro il digitale, ma su quale digitale, caso per caso, problema per problema, situazione per situazione. Quindi se io, per fare esempi personali recenti, critico certi aspetti dei MOOC o certi aspetti degli ebook, non sono (ovviamente) contro i MOOC o gli ebook tout court (o addirittura contro il digitale, l'innovazione, il progresso, ecc.), ma contro lo specifico modo con cui qualcuno, generalmente per fare i suoi particolarissimi interessi, ha realizzato MOOC o ebook. E' chiara la differenza?

Una parabola italiana

Immaginiamo di stare parlando di un ragazzino pelle e ossa. Gracile. Denutrito. In qualsiasi paese rispettoso della logica, prima di discutere di quanto in fretta il ragazzino corre i 400 metri piani, o di quanto bene suona il violoncello, o di come se la cava con le traduzioni da Euripide, tutti si preoccuperebbero della sua gracilità, della sua malnutrizione. Direbbero: "diamogli da mangiare, curiamo la sua dieta, diamogli ricostituenti, e poi, solo poi potremo iniziare a parlare del resto." Logico, no?

Logico - ma in Italia non funziona così.

In Italia plotoni di opinionisti, consulenti, funzionari e politici discettano imperterriti delle prestazioni del ragazzino debilitato come se nulla fosse, come se fosse un ragazzone pieno di muscoli. E se l'ingenuo della situazione fa timidamente notare che il ragazzino è pelle e ossa, gli rispondono con un sospiro infastidito: "Vabbè, ma a parte quello...". Oppure: "E' vero, lo riconosciamo, mangia solo un tozzo di pane al giorno; ma lo mangia in maniera inefficiente, sprecando un sacco di briciole. Che pensi a mangiare in maniera più efficiente le risorse esistenti e poi, solo poi si potrà discutere - austerità permettendo - di passare a 1.1 tozzi di pane al giorno...".

Ma c'è dell'altro.

In Italia il ragazzino debilitato, per qualche prodigioso motivo, riesce comunque a correre i 400 metri piani arrivando appena dietro ai ragazzoni pieni di muscoli francesi e tedeschi.... Ciò gli procura forse medaglie, prime pagine sui giornali, apprezzamenti e magari anche una mela, oltre al tozzo di pane? Ma neanche per idea. Gli si rinfaccia che è arrivato mezzo secondo dietro ai primi. Gli si rinfaccia che nella sua catapecchia non riesce ad attrarre abbastanza ragazzoni dalla Finlandia o dall'Olanda, guarda caso scarsamente interessati a catapecchie e tozzi di pane. Gli si rinfaccia che non è abbastanza servizievole nei confronti dei ricconi che ogni tanto passano sul marciapiede davanti a lui: se lo fosse, magari ogni tanto gli tirerebbero una moneta. E così via.

Strano paese, l'Italia. Un paese che ha abolito la logica. Un paese dove l'ipocrisia e la malafede hanno davvero troppo spazio.

Scritto pensando soprattutto alla ricerca e all'università italiane. Di cui, sia chiaro, conosco benissimo i difetti e i limiti, che è un dovere combattere. Ma ciò non toglie che la parabola sia in larga parte valida, secondo me.

Democrazia (debole) e Internet

Si parla del ruolo di Internet in politica da numerosi anni, ma in questi ultimi mesi il dibattito si è fatto particolarmente accesso. Da una parte c'è chi prospetta, come il Movimento Cinque Stelle, una democrazia elettronica diretta, con la riduzione del ruolo dei parlamentari a quello di semplici esecutori (anche se non è chiaro, oltre al resto, della volontà di chi). Dall'altra c'è chi difende la democrazia rappresentativa così come l'abbiamo conosciuta in questi ultimi decenni in Italia, partiti inclusi, ritenendolo, pur coi suoi difetti, il migliore dei sistemi possibili.

Sull'attualità di Bobbio

Non è impossibile provare a immaginare quale sarebbe stata l'analisi di Norberto Bobbio, morto il 9 gennaio di nove anni fa, della situazione politica attuale e di questa perlopiù triste campagna elettorale. Rileggendo i suoi interventi su "La Stampa" colpisce ancora l'acutezza delle sue analisi politiche, con conclusioni a cui molti sono poi arrivati (se e quando ci sono arrivati) solo con lustri, se non decenni, di ritardo. Ma parlando di idee, ovvero, parlando di qualcosa che raramente è oggetto di vera discussione in queste settimane, le sue parole di inizio 1994, giustamente ricordate di recente da Luciano Canfora, oggi sono forse ancora più rilevanti di allora:
Il comunismo storico è fallito. Ma la sfida che esso aveva lanciato è rimasta. Se per consolarci, andiamo dicendo che in questa parte del mondo abbiamo dato vita alla società dei due terzi, non possiamo chiudere gli occhi di fronte alla maggior parte dei paesi ove la società dei due terzi, o addirittura dei quattro quinti o dei nove decimi, è quell’altra. Di fronte a questa realtà, la distinzione fra la destra e la sinistra, per la quale l’ideale dell’eguaglianza è sempre stato la stella polare cui ha guardato e continua a guardare, è nettissima. Basta spostare lo sguardo dalla questione sociale all’interno dei singoli stati, da cui nacque la sinistra nel secolo scorso, alla questione sociale internazionale, per rendersi conto che la sinistra non solo non ha compiuto il proprio cammino ma lo ha appena cominciato.
"Destra e sinistra", Donzelli, 1994, pp. 85-86.
Forse la miglior risposta ai moltissimi che vanno ripetendo di "essere oltre destra e sinistra", o che "le distinzioni destra-sinistra sono superate".

Aaron Swartz

Anche in Italia la comunità Internet ha reagito con emozione alla tragica morte di Aaron Swartz (il mio articolo su Swartz per "La Stampa" è disponibile qui). In Italia molti, sospetto, non avevano mai sentito parlare di Aaron Swartz prima di sabato scorso, ma un giovane brillante di 26 anni che si toglie la vita colpisce tutti. Tanto più se una delle possibili cause del tragico gesto (pare si sia impiccato nella sua casa di New York) è un processo che minacciava pene assolutamente sproporzionate rispetto ai fatti oggetto dell'accusa (vedere per esempio questa analisi). Morte tragica che colpisce anche perché Swartz era amico di persone molto note come Lawrence Lessig e Cory Doctorow, che nelle ore immediatamente successive alla notizia della sua morte hanno scritto testi appassionati che hanno fatto il giro del web (Lessig sul suo blog, Doctorow su Boing Boing).
Ma se volete andare oltre gli scritti di queste ore, oltre le foto, oltre alle espressioni di cordoglio più o meno informate, ascoltate il suo keynote a "Freedom 2 Connect" (Washington D.C., 21 maggio 2012). Venti minuti che restituiscono con forza almeno due aspetti di Aaron Swartz: la sua passione civile e la sua lucidità intellettuale. Al di là della tragedia umana (che riguarda, ricordiamolo, anche la sua famiglia), noi che abbiamo a cuore Internet come spazio di libertà abbiamo perso un valoroso alleato, anzi, come ha scritto l'Economist, un dono.

I prossimi due mesi

Lunedì 4 marzo inizieranno le lezioni del secondo semestre al Politecnico di Torino. Ho quindi poco meno di due mesi per completare la prima bozza completa del mio libro su Università e democrazia nell'età di Internet (titolo provvisorio). Sono quasi due anni che mi preparo (anzi, più di tre se vogliamo includere la preparazione della conferenza "University & Cyberspace" che organizzammo col Berkman Center di Harvard a Torino nel giugno 2010): i tempi, dunque, sono maturi per iniziare scrivere. Il mio obiettivo è quello di scrivere una versione in italiano del mio libro, una versione relativamente leggera, accessibile a chiunque fosse interessato al tema dell'università; tornerò a concentrarmi sula versione in lingua inglese, più accademica e più estesa, non appena completata quella italiana. Mi sembra, infatti, importante intervenire rapidamente nel dibattito italiano sull'università.
In questo periodo, dunque, mi aspetto di essere meno attivo del solito sui social network, più lento a rispondere alla posta elettronica, poco disponibile a viaggiare o a prendere altri impegni. Grazie fin d'ora per la vostra comprensione!

Un nuovo inizio

La lettura mi dà molte più soddisfazioni della scrittura. Da sempre. Quindi non è che tenere un blog sia per me una scelta facile, o scontata. Anche perché comunque già scrivo molto per motivi professionali e il tempo è quello che è. Per non parlare poi del fatto che da qualche anno scrivo per la "La Stampa" articoli che potrebbero benissimo essere post su questo blog. Eppure devo riconoscere che questo blog ha comunque, almeno in potenza, un ruolo non trascurabile. Non tanto per la segnalazioni rapide - per quello Twitter è imbattibile - ma piuttosto per affrontare con maggior agio temi che per vari motivi non sarebbero adatti alla piattaforma necessariamente più vincolata del giornale: vuoi per l'argomento (su La Stampa intervengo solo su argomenti relativi al digitale), vuoi per la lunghezza (lo spazio sui giornali è sempre fortemente limitato), vuoi per il taglio (sul blog potrei permettermi anche articoli più tecnici). Per questo motivo, pur consapevole che non sarò probabilmente mai un blogger prolifico, ho deciso di riprendere a pubblicare su questo blog. Insomma, un proposito, il primo, per il 2013. Buon Anno!
P.S. Lawrence Lessig, sul cui blog mi sono formato ormai più di 10 anni fa, ha appena annunciato che anche lui riprenderà a scrivere sul suo blog - lo prendo come un ottimo auspicio!

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