The Public Domain Manifesto è online

A poca distanza dalle celebrazioni del Public Domain Day, è online da questa mattina (lunedì 25 gennaio 2010) il manifesto del pubblico dominio, un documento - prodotto nel contesto del progetto europeo COMMUNIA (rete tematica coordinata dal sottoscritto) - che ricorda a tutti, e in particolare ai policy makers, il ruolo cruciale del pubblico dominio nelle nostre società. Il manifesto contiene anche alcune raccomandazioni per rafforzare il pubblico dominio e per aumentarne gli effetti benefici. Intellettuali di fama mondiale come Lawrence Lessig (Harvard University), James Boyle (Duke University) , Bernt Hugenholtz (Università di Amsterdam) e Stefano Rodotà (garante del Centro NEXA su Internet & Società), nonché organizzazioni come Creative Commons (USA), Open Knowledge Foundation (UK) e Knowledgeland (Olanda), compaiono tra i primi firmatari del Manifesto, al quale, da oggi, sia individui sia enti possono aderire online all'indirizzo www.publicdomainmanifesto.org.

Bobbio su Calamandrei

Nel corso della bella mostra su Norberto Bobbio all'Archivio di Stato di Torino (chiude domenica, non perdetela!), ho letto queste splendide parole che Bobbio ha dedicato a Calamandrei:
“Calamandrei appartiene alla schiera di coloro che, nella storia del nostro paese, hanno sempre torto. Hanno torto e sanno di averlo. Troppo idealista per i politici puri; troppo politico per i professori che non scendono mai un gradino più in basso della cattedra. Troppo intransigente per gli accomodanti; troppo tollerante delle idee altrui per i duri. Troppo temerario per i prudenti, quando si gettava nella lotta senza guardare in faccia a nessuno, troppo prudente per i settari, quando voleva le prove prima di dire che è vero o che non è vero.” (N. Bobbio)

Castells e la libertà di Internet

Lunga intervista a Manuel Castells su "Affari e Finanza" di "La Repubblica" di oggi, dal titolo "Castells: Il futuro è Internet e Tv". Verso la fine si legge: "[...] Le cose che si possono fare o non fare su Internet sono le stesse del resto della società, quindi da questo punto di vista il problema [del controllo] non c'è. Quindi quando si parla di leggi e regole su Internet si parla di altro: di controllo preventivo. Ma Internet non può essere un po' più o un po' meno libera. O è libera o non lo è. Non è come come la tv o i giornali, che hanno un sistema di controllo in quanto hanno una proprietà. Internet non ha niente di tutto questo. E per questo crea panico nei governi: perché non ha controllo e non è controllabile. Vuol dire che su Internet alla fine valgono solo le regole che essa stessa si da? Sì, nel senso che Internet è un organismo autoregolato. Ma regolato da chi? Dagli 1,6 miliardi di persone che la usano e che si regolano da sole. Ci sono buone e cattive persone, quindi Internet è come siamo noi. E' come uno specchio in cui guardare noi stessi." Chissa' se ora che li ripete anche un vecchio saggio universalmente rispettato come Castells, certi concetti, ovvi per molti di noi, non arrivino finalmente nella testa dei molti che ancora non hanno capito.

"Malata e denigrata"


Negli ultimi dodici mesi l'università italiana è stato oggetto di una campagna denigratoria violentissima, forse senza precedenti nella storia repubblicana. A leggere i giornali, l'università italiana è, nel suo complesso, un covo di inefficienza, corruzione e di nepotismo. E a leggere certi colleghi l'università italiana è, oltre agli altri difetti, persino sovrafinanziata. Per questi motivi, il libro di Marino Regini, "Malata e denigrata. L'università italiana a confronto con l'Europa", Donzelli, 2009, è un libro importante. Perchè gli autori, da una parte, invitano l'università italiana a fare una severa autocritica: le patologie ci sono e vanno riconosciute e curate ("malata"). Ma, dall'altra, forniscono dati oggettivi per confrontarla con l'università degli altri grandi paesi europei, dati che dimostrano con chiarezza i limiti della violenta campagna scatenata contro l'università di recente ("denigrata"). Confermando definitivamente che l'università italiana regge bene il confronto, secondo tutti i principali indicatori, con le università spagnole, francesi, tedesche e persino inglesi. Solo per un aspetto ci distinguiamo nettamente dagli altri principali europei (ignoriamo, per non infierire, USA e Giappone): i finanziamenti, che sono senza ombra di dubbio i più bassi. Su queste basi è possibile riaprire, al di là della demagogia e delle generalizzazioni interessate, un discorso razionale sullo stato attuale e il futuro dell'università italiana. E' urgente che tale discorso inizi al più presto: il futuro di un paese, infatti, è indissolubilmente legato alla qualità del suo sistema di istruzione superiore.

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