Amo la domenica per diversi motivi. Uno di questi è sicuramente la "Domenica", l'inserto cultura (recensioni di libri, concerti, e altro) del
Sole24ore. Comprarlo e leggerlo è un piacere di quelli che rendono la vita più bella. Al punto che quando sono in viaggio all'estero soffro un po' di non poterla leggere.
Oggi, tuttavia, mi sono imbattuto non solo nei consueti
bon bon settimanali, come la bella rubrica Cultweb di Chiara Somajni, o nell'acuta recensione di, per esempio,
"The Scientific Life. A moral history of a late modern vocation" di Steven Shabin.
No, oggi l'occhio si è soffermato su una piccola scritta al fondo di ogni articolo: © RIPRODUZIONE RISERVATA. Non so da quanto tempo ci sia; magari mesi. Fatto sta che l'ho notata solo oggi.
E' davvero ironico.
Non solo non c'è modo di accedere alla "Domenica" se non essendo fisicamente in grado, la domenica mattina, di comprarla in un'edicola dislocata sul territorio nazionale (e neanche tutte le edicole; e bisogna anche, in certi casi, arrivare prestino, perché le copie finiscono). Come fosse, chessò?, il 1959. Ma adesso si restringe ulteriormente la possibile diffusione (v.
art. 65 della legge sul diritto d'autore).
E' davvero ironico.
E' ironico perché in un paese di lettori scarsi come l'Italia si dovrebbe fare tutto il possibile per allargare la platea dei lettori potenziali.
E' ironico perché il web rappresenta una piattaforma spettacolare per sperimentare nuovi modi di diffondere, commentare, integrare, arricchire quel tipo di contenuti.
E' ironico perché posso accedere online a molti articoli della grandissima
New York Review of Books, ma non al contenuto della "Domenica" (che, a quanto mi risulta, non ha nemmeno un sito vetrina con, chessò?, l'indice dei numeri).
E' ironico perché mi chiedo quante copie in meno si venderebbero se il contenuto fosse disponibile anche online.
E' ironico perché mi chiedo quante copie in più si venderebbero se il contenuto fosse disponibile anche online.
Ovviamente non sto suggerendo al Sole24ore di riversare senza riflessione tutto il contenuto della "Domenica" online.
Ma tra pubblicità e ritorni sugli acquisti di libri indotti dalle recensioni non è proprio possibile pensare ad un modello di business?
L'esperienza ormai pluriennale dell'analogo inserto de La Stampa,
"TuttoLibri", rilasciato con licenza
Creative Commons (incluso tutto l'archivio storico dell'inserto!), non può insegnare proprio nulla?